Avrebbe risolto i problemi delle tante coppie infertili che oggi si rivolgono all’estero?
Ecco come l’ANSA comunicava il 2 maggio la sentenza della Corte costituzionale sulla questione dell’uso della Fecondazione eterologa in Italia: “Corte non boccia eterologa, rinvia atti e resta divieto ma fa riferimento a sentenza Ue che legittima norma legge 40”. Insomma questo significa che la Corte Costituzionale non boccia la fecondazione assistita eterologa, ma rinvia gli atti ai tribunali che avevano promosso i ricorsi. L'indicazione della Consulta è di valutare la questione alla luce della sopravvenuta sentenza della Corte Europea dei Diritti dell'Uomo del 3 novembre 2011. Quest'ultima aveva stabilito che impedire per legge alle coppie sterili di ricorrere alla fecondazione in vitro eterologa non è una violazione della Convenzione europea dei diritti dell'uomo. Insomma i singoli tribunali dovranno decidere ancora ma nel frattempo resta in vigore il divieto della tecnica eterologa”.
I sostenitori della Legge 40 come Eugenia Roccella del Pdl, appaiono soddisfatti perché l’eterologa si allontana di fatto dalla applicazione in Italia. Di parere diverso appaiono gli avvocati delle coppie promotrici dei ricorsi contro il divieto di fecondazione. Infatti, con la decisione di rinviare gli atti, come rileva l'avvocato Filomena Gallo, legale della coppia il cui ricorso ha dato l'avvio all'iter istituzionale che ha portato al pronunciamento della Consulta, la Corte ha espresso una posizione «interlocutoria», lasciando la possibilità ai magistrati che hanno sollevato dichiarazione di incostituzionalità di riformulare il quesito, non avendo però come parametro la sentenza della Corte Ue per i diritti dell'uomo che aveva legittimato il NO all'eterologa. Sembrerebbe di capire che se il ricorso non facesse appello alla sentenza Ue sui diritti dell’uomo, la Corte potrebbe esprimersi diversamente; ma in ogni caso i tempi si allungano.
In pratica continuerà il fenomeno del “turismo procreativo”. Il fenomeno della fuga all'estero emerge anche da un'indagine del 2010 condotta in 36 centri stranieri dall'Osservatorio sul turismo procreativo. Secondo l'indagine, sono oltre 2.700 le coppie italiane che si recano all'estero per poter ricorrere alla fecondazione eterologa, ossia per utilizzare il seme o gli ovuli di un donatore esterno.
In realtà, però, se anche la sentenza della Corte avesse permesso in Italia l’ovodonazione (la richiesta di gran lunga maggiore rispetto alla donazione di seme) i risultati nella pratica non sarebbero probabilmente così esaltanti. Infatti, per disporre di ovociti idonei ad assicurare alte percentuali di gravidanza come quelle che si hanno all’estero sarebbe necessario pagare donatrici giovani che si sottopongono a stimolazioni ovariche al solo scopo di produrre ovociti da donare. Infatti, non è realistico pensare che gli ovociti possano provenire in modo efficace dalle stimolazioni di donne infertili che si sottopongono alla fecondazione assistita per risolvere il loro problema di mancata fertilità . I motivi sono semplici. I loro ovociti non sono abbastanza giovani e così numerosi da sopperire alla richiesta delle altre coppie che cercano l’ovodonazione. Quale coppia infatti darebbe due o tre ovociti abbastanza buoni ad un’altra coppia sapendo che essa stessa nel migliore dei casi (ad esempio 10 ovociti recuperati) li ha appena per se stessa? Infatti è noto che una donna di 30 anni dispone mediamente di 3 o 4 ovociti sani da utilizzare su 10 recuperati. Se consideriamo che oggi l’età media delle donne che si sottopongono a Fecondazione assistita è di circa 38 anni e che sia la percentuale di ovociti buoni che di quelli recuperati si riduce drasticamente a questa età non si fatica a capire che solo il pagamento delle donatrici (come avviene in tutti i Paesi del mondo dove si pratica l’ovodonazione) può rendere praticabile la tecnica. Si accetterebbe in Italia l’eventualità del pagamento della donatrice anche nel caso in cui la legge consentisse la Fecondazione assistita eterologa?
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Twitter: @Claudio_Manna
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