Lo sviluppo in vitro della blastocisti può provocare effetti negativi sui processi epigenetici
C'è una crescente evidenza che fattori ambientali (come i mezzi di coltura utilizzati nelle tecniche di riproduzione assistita) possono avere effetti negativi sui processi epigenetici che controllano la placentazione, la formazione degli organi e la crescita fetale. Inoltre, la perdita di controllo epigenetico può esporre a variazioni genetiche evidenziabili solo nella vita adulta. A questo punto è opportuno per i medici e i biologi che operano nella Riproduzione Assistita porsi una domanda fondamentale : chi può dire che l’embrione non possa svilupparsi meglio in utero dove le condizioni ambientali sono più fisiologiche?
È quindi bene essere prudenti nell’uso della blastocisti e cercare invece di effettuare il transfer di embrioni in utero (loro naturale sede) nel minor tempo possibile dalla loro formazione ( 2 o 3 giorni).
L’aumento del tempo di coltura in vitro espone, come visto, a danni epigenetici, ma anche ad aneuploidie delle cellule embrionali (alterazioni del numero dei cromosomi). Infatti quest’ultimo fenomeno è vero soprattutto negli ovociti più delicati come quelli appartenenti a donne meno giovani che si sottopongono alla fecondazione in vitro.
Per codice genetico si intendono le informazioni scritte nel DNA delle cellule (patrimonio genetico o genoma) per tutti i caratteri e i funzionamenti possibili delle cellule. Queste informazioni sono soggette a trasmissione ereditaria.
Normalmente in una cellula che svolge un certo compito funziona solo quella parte di DNA che serve. Le altre parti sono bloccate con degli interruttori chimici. In questo modo è possibile avere tutti i tipi di cellule che funzionano in modo specifico ed organizzato.
Per codice epigenetico si intende perciò una serie di interruttori chimici che si legano al DNA al fine di assicurare che le cellule vadano poi a costituire i diversi tipi di tessuti, nonostante abbiano un codice genetico identico in partenza. Ciò è molto importante durante lo sviluppo dell’embrione quando si differenziano i tessuti e gli organi. Quando il codice genetico viene copiato da cellula a cellula durante la divisione cellulare è essenziale che anche il codice epigenetico sia copiato accuratamente. Questo può essere modificato da diverse situazioni dell’ambiente esterno alle cellule. Queste modificazioni possono a loro volta essere trasmesse anche alle generazioni successive dell’individuo.
L’epigenetica studia e analizza il codice epigenetico, cioè l’accensione e lo spegnimento di alcune zone del DNA durante la vita cellulare dovuti a situazioni esterne in cui si può trovare il soggetto. Queste modifiche divengono trasmissibili alle generazioni successive, senza che avvengano perciò cambiamenti nella sequenza di tutto il DNA. Così però un ambiente sfavorevole può indurre modificazioni patologiche al normale funzionamento del genoma dell’individuo e dei suoi figli.
Proprio grazie alla progressiva conoscenza di questi meccanismi, sono state sollevate preoccupazioni per l'esposizione prolungata della coltura degli embrioni in vitro, che potrebbe portare a modificazioni epigenetiche del DNA embrionale con effetti e rischi difficilmente valutabili oggi. Durante la coltura dell’embrione sino alla blastocisti (quinto giorno di sviluppo dalla fecondazione) si possono proprio creare quelle condizioni epigenetiche descritte con variazioni nocive di funzionamento del DNA. Sono molti i lavori scientifici che dimostrano proprio questo rischio.
Insomma, l’idea che le percentuali di gravidanze sembrano maggiori con l’uso di blastocisti va corretto pensando che ciò dipende molto dall’età della donna e da quanti ovociti produce. Inoltre non vanno trascurati i possibili effetti epigenetici sugli embrioni delle colture prolungate in vitro.
(Hum. Reprod. - 2011)
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