Pur ottenendo buoni embrioni in laboratorio, molte coppie hanno problemi di impianto
Molti miglioramenti sono stati fatti a livello di laboratorio per le tecniche di fecondazione assistita che sono oggi sempre più raffinate e in grado di risolvere le situazioni più complesse.
Spesso sia i biologi che i medici si interrogano sul perché in alcune coppie che fanno più tentativi di fecondazione assistita, pur ottenendo in laboratorio buoni embrioni, almeno all’apparenza, poi non si ottenga l’impianto.
È chiaro che l’analisi dei gameti maschili e femminili, anche se non in maniera esaustiva, è possibile con le attuali tecniche. Invece più complessa è la valutazione di tutti quegli eventi che si svolgono all’interno dell’organismo una volta che gli embrioni sono stati deposti in utero. Questo momento non è ovviamente direttamente controllabile e coinvolge una complessa serie di fattori, ancora non compresi e difficilmente studiabili.
Fattori legati ai gameti sia maschili che femminili possono essere:
1) le anomalie cromosomiche che si possono creare durante la loro formazione e che sappiamo aumentare con l’età della coppia, i danni a carico del DNA spermatico, dovuti in genere a fattori ambientali esterni o interni all’individuo;
2) lo sviluppo non ottimale dell’embrione, per meccanismi che subentrano dopo la fecondazione;
3) la parete che circonda l’embrione (zona pellucida) potrebbe essere più resistente del normale e a stadio di blastocisti non aprirsi per permettere che l’embrione sgusci e sia in grado di poggiarsi sulla parete interna dell’utero (l’endometrio) e iniziare l’eventuale attecchimento.
L'evidenza di numerosi studi suggerisce che lo screening genetico degli embrioni preimpianto (tecnica chiamata PGD) per le anomalie genetiche non aumenta l'impianto o il tasso di nati vivi.
Maggiori dati potrebbero fornire le tecniche di ibridazione genomica comparativa e analisi dei polimorfismi a singolo nucleotide, cioè l’analisi dell’alterazione o della variazione di una singola base del DNA, consentirebbe uno screening più completo dei cromosomi, ma queste tecniche sono molto complesse, costose e non sempre attuabili.
La tecnica dell’ “Assisted Hatching”, che consiste nel praticare in laboratorio un piccolo taglio sulla parete esterna dell’embrione, in casi selezionati quando il biologo osserva questa zona più spessa della norma, può aiutare l’embrione a liberarsene quando deve aderire all’endometrio.
Nuovi più avanzati metodi di valutazione degli embrioni e le procedure di selezione, come il “time-lapse imaging”, un sistema che segue momento per momento lo sviluppo embrionale con una telecamera all’interno dell’incubatore in cui l’embrione è riposto in attesa del trasferimento in utero o come la metabolomica, che consiste nella valutazione delle sostanze prodotte durante lo sviluppo dell’embrione, possono favorire una migliore valutazione della qualità e la vitalità di questi e aiutare il biologo nella selezione degli embrioni con il più alto potenziale di impianto.
In tutti i casi, prima dell’applicazione pratica di routine clinica, la sicurezza e l'efficacia delle modalità di trattamento emergenti da sempre nuovi studi dovrebbero essere supportati e valutati con studi prospettici randomizzati clinici.
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