La sindrome da Iperstimolazione ovarica è una complicanza potenzialmente grave che può seguire le normali stimolazioni ovariche comprese quelle della Fecondazione assistita. Ingrossamento delle ovaie, liquido in addome, dolore addominale, problemi respiratori e renali nei casi più severi sono alcune delle possibili conseguenze di questa condizione
Si verifica ancora nel 2 % dei casi in cui si usano tecniche di PMA, ma secondo l’ultimo rapporto del Registro Nazionale dei Centri di PMA in Italia questa evenienza appare in diminuzione. La prevenzione si è sempre basata su un attento dosaggio dei farmaci da somministrare e sull’accurato monitoraggio ecografico/ormonale del ciclo. Lo scopo del monitoraggio, infatti, è quello di accorgersi in tempo della possibile insorgenza dell’evento che, però, si manifesta spesso solo dopo il transfer degli embrioni. Un altro modo di prevenire le conseguenze della sindrome è quello di non effettuare il transfer degli embrioni crioconservandoli per usarli in un altro ciclo. Infatti, l’eventuale gravidanza in questi casi può aggravare notevolmente la sindrome.
In realtà ciò che scatena la sindrome è in genere l’iniezione di HCG al termine della stimolazione. Questa necessaria puntura imita quello che fa normalmente la natura, ossia una elevata e brevissima presenza nel sangue dell’ormone LH che fa maturare gli ovociti prima dell’ovulazione. Purtroppo non siamo ancora in grado di iniettare questo ormone nello stesso modo della natura. L’HCG infatti dura nel sangue molto più a lungo e agisce nelle ovaie in modo a volte troppo energico favorendo l’iperstimolazione nelle donne maggiormente a rischio, come ad esempio quelle che presentano policistosi ovarica.
Da qualche anno dopo i primi lavori di Humaidan è possibile iniettare al posto dell’HCG un farmaco chiamato Agonista del GnRH che provoca la produzione nell’organismo dell’ormone naturale LH. Questo ormone stimola le ovaie in modo molto fisiologico e non così potente come l’HCG.
Dopo i primi risultati incoraggianti si è visto recentemente in studi sempre più controllati, che i casi di iperstimolazione severa si erano drasticamente ridotti senza che diminuissero i risultati della Fecondazione in vitro. Humaidan nel suo ultimo studio infatti non ha riscontrato neanche 1 caso di iperstimolazione usando questa tecnica in 60 soggetti ad alto rischio.
La possibilità di crioconservare gli ovociti con la tecnica della vitrificazione ha ulteriormente contribuito a prevenire l’iperstimolazione perché senza crioconservare embrioni e senza trasferirli subito in utero abbiamo a disposizione ovociti da usare successivamente in tutta tranquillità.
In conclusione anche se ancora è presto per affermare che la sindrome da iperstimolazione è del tutto prevenibile sono stati fatti progressi notevoli in questa direzione.
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