È enorme il dolore che provano le coppie che perdono un figlio mai nato. Un’angoscia solitaria e un male incompreso caratterizzano, infatti, i genitori che vivono il cosiddetto “aborto spontaneo”. Sembra quasi che nell’immaginario collettivo non sia riconosciuto il vissuto di lutto che si possa provare quasi a dire, probabilmente, che non si può vivere una perdita per qualcosa che non si è ancora avuto.
Ma non è così per le famiglie che sono costrette a confrontarsi con la grave esperienza di perdere un bambino non ancora nato fisicamente ma fantasticato, sognato e di certo inserito nei progetti della famiglia. Di fatto, anche se l’aborto spontaneo avviene precocemente – solitamente nei primi tre mesi di gravidanza – la coppia che ha desiderato il bambino ha già iniziato a parlargli, a immaginarlo, a comprargli dei vestitini o a organizzare gli spazi per il suo arrivo. In sostanza il bambino nasce nella mente del genitore che per tanto diventa tale.
La morte intrauterina diventa allora anche la morte della propria identità genitoriale con la conseguenza di una sofferenza importante molto spesso non compresa dai medici, dalla famiglia e dagli amici della coppia. Da qui la necessità di creare o individuare degli spazi nei quali esprimere il dolore del lutto subito per sentirsi accolti e riconosciuti nella propria esperienza di perdita. Può essere utile richiedere un sostegno psicologico al fine proprio di avere a disposizione un setting nel quale confrontarsi con la morte del bambino mai nato per meglio metabolizzarla.
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