Secondo Carmela Cavallo, presidente del Tribunale dei Minori di Roma, sono molti gli affidi che falliscono, probabilmente a causa di una valutazione sbagliata della situazione del nucleo familiare.
Nel Lazio molti i minori non riescono a rientrare nella famiglia d'origine. Gli assistenti sociali reclamano la mancanza di adeguati servizi di supporto alla famiglia e di contrasto della povertà. Intanto, si attende ad ottobre il nuovo protocollo d’intesa sull’affido familiare per la provincia di Roma: previsti un nuovo regolamento, un osservatorio per il monitoraggio e un tavolo di lavoro per discutere le linee guida
Ma cos’è l’affido familiare?
L'affido familiare è regolamentato dalla Legge n.184 del 1983 come modificata dalla Legge n.149 del 2001. La normativa prevede che questo sia un provvedimento temporaneo. In questo modo un minore viene accolto da una famiglia, o affidato ad una singola persona, nel caso in cui la famiglia di origine sia in una fase di difficoltà e non riesca a garantire il soddisfacimento dei bisogni del minore. I motivi per cui viene generalmente adottato questo provvedimento sono legati a problemi familiari quali malattia, detenzione, motivi di tossicodipendenza o di ordine educativo, che possono manifestarsi in casi di incuria o violenza al minore da parte di familiari.
L'affido familiare può essere:
- giudiziale, nel caso in cui sia disposto dai servizi sociali e adottato tramite un provvedimento del giudice tutelare
- consensuale, nel caso in cui sia condiviso e approvato dai genitori e, in questo caso, può essere limitato ad alcune parti della giornata, o ad alcuni giorni della settimana.
Il minore può essere affidato a familiari entro il quarto grado di parentela o a persone senza vincolo di parentela.
Questo provvedimento si differenzia dall'adozione per le seguenti caratteristiche:
1) la temporaneità - l'affido familiare non è definitivo e il minore, a differenza dell'adozione, non ha lo status di figlio. La durata del provvedimento non dovrebbe superare i due anni, nel caso dell'affido consensuale. Invece, nel caso di affido giudiziale non può superare il periodo temporale indicato nel provvedimento del tribunale. Nella pratica, quando non ci sono le condizioni per cui il minore possa rientrare in famiglia, un affido consensuale si trasforma in giudiziale. Inoltre, un provvedimento di affido giudiziale può essere reiterato, rendendo di fatto l'affido un fatto non più temporaneo, ma duraturo nel tempo (affido sine die).
2) il mantenimento dei rapporti con la famiglia di origine - il legame genitoriale viene mantenuto
3) rientro del minore nella famiglia di origine - al termine della fase che impediva alla famiglia originaria di occuparsi del figlio, questi può farvi ritorno.
Nel caso in cui non sia possibile procedere all'affidamento familiare, il minore in stato di necessità può essere affidato a comunità. In questi casi si parla di affidamento di minori in strutture. La Legge 28 marzo 2001, n. 149 ha decretato la chiusura degli orfanotrofi al 31 dicembre 2006. Pertanto, per questi casi di affidamento, la legge attuale prevede che il minore venga accolto in strutture di tipo familiare, come le case famiglia.
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