La comprensibile espressione di vivo dolore di alcuni mariti (“non si può morire di parto”) che abbiamo ascoltato attraverso molti media purtroppo non è realistica come mostrano tutti i dati mondiali su questa triste tragica evenienza (tabelle dati) .La vigilanza e la comprensione di quello che accade oggi, però, sono doverosi. Senza distaccarsi dai dati relativi alla mortalità materna conseguente al parto è possibile fare alcune riflessioni che sembrano peraltro ovvie.
La principale riguarda il fatto che l’Italia vanta la mortalità materna più bassa nel mondo (4 donne decedute come conseguenza del parto su 100mila neonati vivi), percentuali sorprendentemente inferiori a quella di paesi come l’Inghilterra (8), la Francia (10), la Germania (7), la Svezia (5), gli Stati Uniti (17), l’Australia (5) , il Giappone (7), la Svizzera (7). La distanza è ancora più grande rispetto alla situazione di paesi meno ricchi come l'Egitto (43), l'Argentina (49), la Romania (26), Cuba (40), la Cina (40), l'India (254), la Russia (34). E’ interessante rilevare come, in controtendenza a quasi tutti i 181 paesi esaminati, gli Stati Uniti abbiano registrato dal 2000 al 2008 un aumento della mortalità materna (da 13 a 17) e che nei paesi scandinavi dal 1980 la mortalità sia rimasta costante ed in qualche caso lievemente aumentata. Evidentemente questi paesi già negli anni ’80 avevano raggiunto livelli importanti di organizzazione ed efficienza riguardo la salute materno-infantile.
Sulla mortalità materna influiscono molti fattori di tipo organizzativo, formativo e preventivo che riguardano le strutture sociosanitarie ma anche la popolazione più in generale (ad esempio il grado di informazione e sensibilità della gente e delle donne in particolare sulla prevenzione). Mi vorrei soffermare, però, su due aspetti che notoriamente incidono in modo negativo sul tasso di mortalità materna. Il primo riguarda la modalità del parto per il quale quello cesareo triplica la mortalità materna. L’Italia al tempo stesso detiene il primo posto in Europa nelle percentuali di taglio cesareo effettuati ( 38,4% nel 2009).
Il secondo interessante aspetto è riferibile al maggior rischio di mortalità materna legato all’età della donna quando partorisce. In Italia questa è molto elevata (tra le più alte in Europa): nel 2007 il 29% delle donne che avevano partorito avevano un’età maggiore di 35 anni mentre nel 1981 solo il 9% era over 35.
Sorge così spontaneo chiedersi come sia possibile che in Italia nonostante tassi più elevati di parti cesarei e d'età media delle partorienti si riesce ad ottenere la minore mortalità materna del mondo? Apparentemente un vero mistero.
E’ possibile che proprio il 2010 sia stato un “annus terribilis” per il nostro paese da questo punto di vista?
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