Lo psicologo Abraham Harold Maslow, nella sua famosa attività di studio sulla cosiddetta “Piramide dei bisogni”, identifica alla base di detta piramide i bisogni fisiologici e, tra i vari, proprio l’alimentazione (Maslow, Motivation and Personality, 1954). Ed accanto ad essa, un'ulteriore esigenza fisiologica, secondo lo studioso, è rappresentata dal sesso e dal suo potere fortemente capace di dare motivazione e sicurezza (confermato dal secondo livello della piramide). Maslow ci dà lo spunto per discutere su uno dei più controversi e, per certi versi piacevoli, vizi del genere umano: la gola.
La gola è un vizio che non finisce mai,
ed è quel vizio che cresce sempre
quanto più l'uomo invecchia.
(Carlo Goldoni, La bottega del caffé, 1750)
L’utilizzo del cibo come oggetto del piacere si perde nei secoli e nella letteratura latina abbiamo esempi dello sfarzo e del diletto legati all’alimentazione, come nelle “Cene di Trimalchione” del Satyricon. Spesso, poi, ci ritroviamo ad affrontare tematiche come i “cibi afrodisiaci” in grado di attivare chissà quali e quante capacità amatorie in uomini e donne. O ancora la cioccolata, come ausilio per il buonuomore e la positività.
Chiariamo subito che tutto l’ambito che si rifà al mangiare risiede in una zona specifica del nostro cervello, il sistema limbico. All’interno di questo, che viene tra l’altro chiamato anche “cervello emozionale”, esistono particolari strutture specificatamente deputate alla fame e alla sazietà, come l’ipotalamo. Emozione e alimentazione, dunque, vanno nell’essere umano fortemente in sintonia e un individuo, che sia in condizione di gioia o in condizione di tristezza, può facilmente arrivare a strumentalizzare ciò che mangia. Il cibo, in altre parole, diventa quello che noi gli attribuiamo come valore e, privandocene o abusandone, è come se volessimo comunicare alla carne una condizione che è presente nella nostra mente. Ecco perché anche nella religione, astenersi dal mangiare equivale ad un atto di purificazione dai desideri della carne.
Freud fu il primo a stabilire una forte connessione tra cibo e sesso, quando parlando di pulsioni, affermò che è insito nella natura umana la volontà di autoconservarsi (S. Freud, Opere, Boringhieri, Torino, 1989).
Ci sono degli studi scientifici che hanno provato la sussistenza di scarsi o addirittura nulle implicazioni sessuali nelle donne anoressiche ed invece forti risvolti erotico-sessuali nelle bulimiche (Waller, Perceived control in eating disorders: relationship with reported sexual abuse, Int J Eat Disord. 1998 Mar;23(2):213-6). Stando a questi studi, sarebbe lecito pensare che chi abusa di cibo, gratificando spesso la propria gola, non solo avrebbe un desiderio sessuale iperattivo, ma questa iperattività mentale si manifesterebbe in vere e proprie compulsioni sessuali.
La gola ha un ulteriore aspetto che è qui lecito affrontare e con il quale spesso si trova a fare i conti: il senso di colpa. Tendenzialmente, chi è beatamente avvolto dal vizio della gola non ha alcuna intenzione di fare i conti con i sensi di colpa perché vive ogni momento conviviale come una gratificazione della mente, del gusto, della vista e, non sbaglieremmo nel dire, di tutti gli organi di senso di cui è stato dotato.
Concludendo, siamo convinti che una persona dovrebbe sempre comprendere se sta utilizzando il cibo come classico elemento atto a nutrire, oppure come sostituto di altre necessità, che possono andare dalla ‘semplice’ affettività, alla sessualità, all’accettazione di sé; domandandosi se queste compensazioni o sublimazioni siano oramai diventate un’abitudine quotidiana e, in tal caso, prendendo provvedimenti, rivolgendosi ad uno specialista.
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