Uno dei più difficili compiti dell’essere umano è quello di conoscersi e definirsi: non basta una vita per dare una risposta alla domanda “io chi sono”. Definirsi in qualche modo passa attraverso tre tappe: occorre conoscersi, occorre conoscere ciò che è simile a sé e ciò che è diverso, e occorre infine il confronto. Somiglianze e differenze sono valutazioni che tengono conto di stati emotivi, di pregiudizi, di conoscenze reali.
Osservando il problema dell’identità nell’ambito della sessualità, trovare la risposta alla domanda non è così facile come sembra: intervengono molti fattori, soprattutto quello sociale. Questo fenomeno è riscontrabile nella valutazione dei comportamenti che la cultura sociale porta a definire maschili o femminili: la valutazione sociale interferisce e a volte determina l’opinione che il soggetto ha di sé.
Ora, se è vero che alcune differenze fisiologiche tra maschio e femmina sono del tutto evidenti, ancora poco si sa di altre differenze, che è possibile sospettare che esistano nelle strutture cerebrali. Ancor meno si sa se queste pure intuibili differenze siano geneticamente determinate oppure costruite attraverso l’esperienza, con una incisività anche su queste delle valutazioni sociali.
Se prescindiamo del tutto dalle valutazioni sociali, dobbiamo dire che rispetto a ciò che viene valutato siamo tutti tanto maschi quanto femmine.
E' davvero solo delle donne il parlar tanto, il saper fare molte cose contemporaneamente, essere tenere e dolci, saper accogliere l’altro, saper farsi prendere dall’altro, saper fare … le cose da donne?
Quel che è certo è che quando un soggetto nega le caratteristiche di sé che lo potrebbero rendere troppo simile all’altro sesso non può venir nulla di buono. Peccato che la società spinga proprio in questa direzione che in breve tempo diviene irreversibile: che i maschietti cioè imparino a fare la lotta e le bambine a giocare con le bambole.
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