La voglia di trasgredire è insita nell’uomo. Fin da piccoli esiste nell’essere umano un desiderio innato di andare contro le norme sociali scritte o contro certe regole davanti alle quali non siamo in sintonia. E’ il classico esempio del bambino che sa che non deve aprire il barattolo di cioccolata anche se la desidera ardentemente. Tuttavia, di nascosto dai genitori non solo apre il barattolo, ma divora tutto il suo contenuto. Crescendo le esigenze cambiano, così come le gratificazioni rispetto alla personale vita sociale. Finanche arrivando alla vita intima e sessuale.
Nel nostro Paese non esiste sostanzialmente una cultura della prevenzione né rispetto alla propria salute né rispetto alla salute degli altri. Ma non esiste neppure una consapevolezza di tutto ciò che la superficialità dell’approccio sessuale può determinare, a livello di conseguenze e di potenziali malattie. La risposta all’interrogativo del presente articolo sta in due aspetti essenziali ma cruciali.
Innanzitutto, il vissuto del rischio. Molti individui non accettano l’idea di tutto di ciò che può provocare sofferenza, fisica e psicologica, e neppure hanno un rapporto con il concetto di morte e di lutto. In altre parole, essendo l’essere umano spinto costantemente verso un’autoconservazione e verso un allontanare pensieri negativi, risulta particolarmente facile e vantaggioso crearsi l’alibi ed il benestare per agire liberamente. Si comincia a pensare a frasi come: “Tanto a me non succede nulla di pericoloso”, “Perché dovrebbe accadere proprio a me di ammalarmi?”, “Sono attento e la persona che ho di fronte sicuramente lo saà come me”… E’, a nostro modo di vedere, una questione sociale e culturale, si diceva, anche perché non è stato mai applicato un protocollo di intervento capillare e soprattutto partendo dalle radici e non dal fusto del problema. Occorrerebbe iniziare a parlare di sessualità e di educazione all’affettività ed emotività, ovviamente con le parole idonee, fin dalla tenera età. Soprattutto in un’epoca come quella odierna, basata sulle informazioni caotiche di Internet, spesso errate o parziali, solo l’intervento di professionisti del settore, capaci di progettare interventi scientifici da un lato e di semplice fruizione dall’altro, può determinare il cambiamento. La salute come valore e stile di vita e non come fatto scontato.
In secondo luogo, possiamo ben sottolineare che è diffusa l’idea che una prevenzione legata all’uso del profilattico o condom, sia legata ad un’alterazione del piacere che risulterebbe quindi falsante sia la dinamica del rapporto che le sensazioni donate e ricevute. Assai spesso questo è un condizionamento sia ereditato negli anni (una sorta di profezia che si autoverifica), sia legato al fatto che si pensa al suo utilizzo per prevenire eventuali gravidanze indesiderate e non le malattie sessualmente trasmissibili (MST). In realtà, l’avvento dell’AIDS ed i fantasmi che ha innescato legati al pensare che questa è una sindrome, che porta alla morte ‘voluta’ e non ‘subita’ dalla persona, dovrebbe far riflettere proprio su quanto convenga, attraverso un gesto in sé banale, pensare ad una tutela non solo del proprio sé ma anche della persona che si ama o con la quale si sta per avere un rapporto occasionale. Tutto ciò è ancora più avvalorato dall’evidenziare il passaggio dal concetto di “categorie a rischio” di contagio al concetto più realistico di “comportamenti a rischio” e dal fatto che, se un tempo erano tossicodipendenti ed omosessuali, i diretti interessati al problema, oggigiorno sono gli eterosessuali ad esserlo in un numero spaventosamente elevato.
Purtroppo, ad un boom di percorsi di formazione, progettazione ed interventi educativi negli anni 90, ha fatto seguito un lento ed inesorabile calo dei livelli di attenzione anche legato ad un abbassamento della guardia e della sensibilità, soprattutto rispetto all’AIDS, da parte delle istituzioni e di chi dovrebbe diffondere criteri legati al piacere in sicurezza ed al rispetto reciproco in situazione di intimità.
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